Le avversità della vita

Le avversità - vetro rotto - uym

Reagire alle avversità della vita.

Facile?

Affatto.

Una separazione, la perdita del lavoro, un forte contrasto con i figli, ecc.

Ognuno di noi reagisce in maniera diversa, a volte molto diversa.

Ci sono coloro che nonostante un forte trauma riescono a trovare la forza di rialzarsi e andare avanti e altri che invece ne escono a pezzi.

Da cosa dipende in alcuni la capacità di resistere e affrontare i periodi più bui della loro vita?

E tu come ti comporti quando gli eventi sembrano volerti schiacciare?

È una domanda sulla quale a volte mi soffermo a riflettere e voglio condividere con voi alcune di queste riflessioni.

 

Nelle cose del mondo, non è il sapere, ma il volere che può. (Niccolò Tommaseo) Click to Tweet

 

Le avversità della vita

La prima domanda che mi pongo e che rivolgo anche a te è come sia possibile che per uno stesso evento negativo la reazione possa essere così diversa da persona a persona.

Siamo nati e cresciuti sviluppandoci fisicamente in maniera molto simile.

E la nostra mente?

Cos’è successo durante il nostro sviluppo psicofisico?

In che cosa e perché ci siamo diversificati ?

È proprio la mente quella parte che, nonostante sembri identica in tutte le persone, ha subito e subisce continuamente rilevanti modifiche nel corso della vita di ciascuno.

Soffermiamoci un attimo.

Parlando a 10 persone ci si accorge di quanto siamo diversi, per ciascuno una sorta di mondo a sé.

Ognuno ha un modo tutto suo di valutare gli altri e gli eventi con i quali entra in contatto/conflitto e li affronta.

Ognuno ha un suo modo di reagire alle avversità della vita.

Un esempio concreto ci aiuta forse a capire meglio come e perché ciò accada.

 

Le avversità della vita e i punti di vista differenti

Prendiamo un nome a caso… Marco.

Marco sta parlando con Sofia ed ognuno dei due cerca di spiegare all’altro il proprio punto di vista.

“Sofia, ti sto dicendo che è un rettangolo. Non lo vedi? Quella è la sua forma!”

“Non capisco come tu possa dire una cosa del genere dal momento che la sua forma è quella di un cerchio. Non è un rettangolo!”

Quante volte ci troviamo direttamente o indirettamente ad affrontare situazioni di questo tipo?

Io alzo la mano per primo ma vedo anche tanti “followers”!

La situazione sopra descritta viene definita come Egocentrismo Cognitivo.

 

Il significato è chiarissimo: credere che il proprio punto di vista sia unico e giusto e in quanto tale occorre difenderlo a spada tratta.

Ad un certo punto del nostro esempio si avvicina Lorenzo e dice: “Vi stavo ascoltando e mi permetto di dirvi che… avete entrambi ragione.”

Ma può ciò che dice Lorenzo corrispondere al vero?

Come possono entrambi avere ragione?

Rettangolo o cerchio… o tutti e due?

Lorenzo pare essere davvero convinto che entrambi abbiano ragione: due figure diverse o una sola integrata?

Con l’aiuto di questa immagine spiego com’è possibile che si verifichi una situazione del genere.

 

Le avversità – uym

Che è successo?

Ognuno di loro osserva l’oggetto esclusivamente dal proprio punto di vista che, in quanto tale, diventa unico ed indiscutibile.

Per Marco si tratta di un rettangolo.

Sofia controbatte dicendo che si tratta invece di un cerchio.

Lorenzo si inserisce asserendo che hanno entrambi ragione.

 

Quello che succede appare ancor più vero quando si tratta di valutare persone e/o situazioni.

 

Vedere da un altro punto di vista

Dobbiamo intanto imparare a perdere quell’incredibile frenesia che abbiamo di giungere rapidamente alle conclusioni.

Siamo talmente impegnati a dare forza al nostro punto di vista che ci dimentichiamo che sono proprio le conclusioni la parte più effimera della ricerca.

Quello che ognuno di noi vede è ciò che “vuole” vedere.

Quello che osserviamo non è quindi la realtà oggettiva ma piuttosto una realtà soggettiva: la nostra!

È la conseguenza di come i nostri sensi, le nostre convinzioni interpretano le persone, le situazioni, tutto quanto ci circonda.

Quando un evento negativo si abbatte su di noi possiamo scegliere da che punto di vista osservarlo.

Possiamo soffermarci a valutare solo e soltanto gli aspetti negativi oppure considerare quali opportunità si potrebbero nascondere.

Non è l’evento in sé a determinare quello che proviamo ma il modo in cui lo interpretiamo.

Sicuramente ci sono eventi che sono oggettivamente negativi: un cataclisma, una violenza, una grave malattia, ecc.

Tuttavia limitarci a dire che “se pensi positivo e se se guardi dal ‘giusto’ punto di vista tutto passa” sarebbe decisamente superficiale e poco rispettoso per chi si trova a gestire situazioni così gravi.

Detto questo però il livello di sofferenza che si portano dietro certi eventi può diventare ancora maggiore se li gestiamo in malo modo o non li gestiamo affatto.

Per reagire alle avversità della vita dobbiamo quindi cercare di distinguere perfettamente lo stress che ci procurano certe situazioni e lo stress che ci auto-infliggiamo.

Un evento negativo, nel caso in cui non sia risolvibile, deve spingerci a rimboccarci le maniche come mai abbiamo fatto prima e cercare di limitare i danni il più possibile.

Un aspetto rilevante è che il nostro approccio ai problemi e il nostro modo di interpretare gli eventi possono essere “allenati”.

 

Alleniamo la mente

Uno degli aspetti più affascinanti delle neuroscienze è che il cervello non è un organo statico e immutabile come si pensava un tempo.

Un organo con una fase di crescita neuronica, una fase di stallo e una di decrescita.

Niente di più sbagliato.

Cambiano i modi e i tempi ma il cervello è una struttura neuroplatisca e come tale è in continuo, costante mutamento.

E sono gli eventi, le esperienze ad aumentare l’attività neuronale.

Sono proprio le esperienze, tutte, a influire in maniera decisiva sulle nostre capacità di apprendere, pensare, ricordare e pianificare determinate strategie comportamentali.

Un ruolo primario in tutto questo è svolto dalle emozioni.

Sono proprio gli stimoli emotivi i più potenti attivatori del sistema cerebrale.

È l’esperienza quindi a modellarci e lo fa continuamente, anche in età adulta.

Mentre stai leggendo proprio queste righe il tuo cervello subisce alterazioni dell’attività elettrica.

È come se queste parole lasciassero una sorta di “traccia” nella tua mente.

 

7 punti per reagire alle avversità della vita

Come ci suggerisce l’immagine, per reagire alle avversità della vita, dobbiamo avere la forza di rialzarci e ripartire.

Possiamo cadere e ricadere ma l’importate è riprendersi e continuare a correre.

Sempre.

 

1) Reazione

Quando un evento negativo ci soverchia abbiamo la tendenza a chiuderci a riccio.

Anziché reagire alle avversità per eliminare il problema o renderlo il più accettabile possibile rimaniamo fermi, subiamo.

E che risultato otteniamo?

Pessimo. Non ci sono dubbi.

In mancanza di una qualunque reazione gli stati d’animo e i pensieri negativi finiranno per sopraffarci.

Quando non reagiamo la paura aumenta fino a prendere il sopravvento su tutto, persino sul nostro coraggio.

 

Quando si agisce cresce il coraggio quando si rimanda cresce la paura. (Publilio Sirio) Click to Tweet

 

2) Vittimismo

Questo punto è strettamente legato al precedente.

Quante volte capita di autocommiserarsi e portare avanti comportamenti che tendono proprio ad alimentare quelle stesse emozioni e quei pensieri negativi che spesso sono proprio all’origine dell’avversità stessa?

Se il lamentarsi diventa fine a se stesso non ne usciamo.

Lamentarsi non è mai una strategia utile, anzi è l’assenza di una qualunque strategia.

È un atteggiamento sterile.

 

Non fare altro che brontolare, e non agire – ecco come si butta via la propria vita. (William Morris) Click to Tweet

 

Più ci lamentiamo e più ci focalizziamo su ciò che non funziona dimenticando tutto ciò che di buono e bello siamo riusciti a fare.

Che valutazioni daremo di noi e delle nostre capacità?

Avremo forse una percezione distorta della realtà? Molto probabile.

Converrà riflettere un attimo su quale sia l’utilità e lo scopo di un tale atteggiamento.

Il lamentarsi è un comportamento fine a sé stesso che non ha alcuna finalità se non quella di accettare, di subire, di lagnarci di qualcosa o qualcuno.

Il lamento infatti non porta con sé alcuna ricerca di soluzione eppure per alcuni sembra essere persino l’unico modo con il quale riescono ad esprimersi.

Al contrario dovremo chiamare a raccolta tutte le nostre forze, il nostro ingegno per risolvere quella specifica situazione oppure per attenuarne il più possibile gli effetti.

 

Avremmo voluto, avremmo dovuto, avremmo potuto. Le parole più dolorose del linguaggio. (Jonathan Coe) Click to Tweet

 

3) Obiettivo

Anziché gettare via i propri sforzi annullandosi nelle lamentazioni quotidiane possiamo decidere di focalizzarci su uno specifico obiettivo.

Immaginiamo di poter prendere in considerazione un aspetto piuttosto che ad un altro come una sorta di interruttore: ON/OFF

Nel nostro caso questo interruttore ci consente di dirigere l’attività del cervello su “Trova l’obiettivo e perseguilo” oppure “Rimani inerme a lamentarti”

Posizioniamo quindi l’interruttore dove è utile anche se non facile e non dove invece ci procurerà solo dolore.

 

4) Esperienze

Valorizzare le esperienze passate ci aiuta a bilanciare la situazione.

Questo perché quando qualcosa di negativo si abbatte su noi abbiamo la tendenza ad “accumulare” le esperienze negative, gli insuccessi e fare la lista di tutte le volte in cui qualcuno o qualcosa ci ha fatto sgambetto.

Ecco che dopo essere stati un’ora a lamentarci di quanto l’universo intero sia perverso e lavori contro di noi possiamo tranquillamente metterci seduti e procedere ad autocommiserarci.

Ma è una visione distorta anche se per noi rappresenta la nostra realtà.

Indipendentemente dal fatto che la situazione nella realtà non sia affatto questa, essa assume una valenza talmente forte da trasformarla in realtà. La nostra appunto.

 

 

5) Credenze

L’insieme delle nostre credenze genera un intero sistema sul quale poggia la nostra esistenza.

Come un filtro che vada a modificare la realtà oggettiva in cui ci muoviamo facendoci vivere una realtà soggettiva, filtrata appunto da ciò che crediamo.

Se riuscissimo a modificare o addirittura a rimuovere questo filtro potremmo vedere la realtà come essa è riuscendo così a migliorare la qualità della nostra vita.

Il cervello ha acquisito l’esperienza vissuta trasformandola in una sorta di modello di riferimento.

Più tale modello risulterà positivo più saremo in grado di trarne vantaggio!

Devi cominciare a valutare gli eventi negativi sotto una luce diversa, non più limitante ma propositiva.

Così facendo riuscirai a modificarne il significato e le prospettive.

Abbiamo credenze/esperienze maturate negli anni su molti aspetti della nostra vita, su tutto ciò che ci circonda.

Sfruttiamole a nostro vantaggio.

Sono lo strumento che ci consente di raggiungere gli obiettivi/risultati.

 

È una questione di punti di vista: come gli aquiloni, che pensano che la terra sia attaccata al filo. (Enzo Iacchetti) Click to Tweet

 

6) Il pericolo delle 3 P

Le 3 P sono rappresentate da Permanenza, Pervasività e Personalizzazione.

Questi 3 comportamenti ci aiutano a capire come le avversità possano essere interpretate in un modo piuttosto che in un altro e come le nostre generalizzazioni attentino al nostro benessere.

 

Permanenza

Qualunque tipo di evento può presentare aspetti provvisori o permanenti.

In questo ultimo caso abbiamo a che fare con una di quelle generalizzazioni che sviluppano la credenza che l’evento avrà i suoi effetti in maniera duratura.

Si parla di incapacità appresa perché, per quanto possa sempre assurdo, impariamo ad essere incapaci.

Alla parola “imparare” viene sempre infatti attribuita una connotazione positiva ma non è affatto detto che sia così sempre.

Imparare è un processo e come tale possiamo decidere in cosa “diventare bravi”.

In questo caso ci stiamo allenando ad essere incapaci!

Questa incapacità appresa di reagire alle avversità della vita si può riassumere con il pensiero: “Non cambierà mai niente, sarà sempre così!”.

Questo pensiero è incredibilmente depotenziante perché è una credenza che non ammette vie di fuga che non prende in considerazione che la vita è un alternarsi di successi e insuccessi.

Per queste persone non esiste più la possibilità che la situazione possa essere cambiata.

Questa incapacità appresa comincerà a trovare sempre più spazio nei nostri pensieri con: “Non troverò mai un lavoro.”“Non ritroverò mai una persona come lui/lei.”“Non riuscirò mai a migliorare la mia situazione familiare.” – Ecc.

 

Pervasività

Questo tipo di incapacità appresa è costituita da un atteggiamento mentale per cui gli effetti negativi di un certo evento iniziano a pervadere appunto ogni altro aspetto della vita.

Nonostante il problema riguardi solamente una situazione ben circoscritta, inizia a farsi strada una sensazione che tenderà a schiacciarsi: “Non ne va bene una. La mia vita è un disastro!“.

Mai fare di tutta l’erba un fascio: quando un solo aspetto della nostra vita fallisce non dobbiamo credere che tutto stia andando in rovina, che tutto sia sbagliato ed irrisolvibile.

 

Personalizzazione

In questo caso si tratta di un tipo di incapacità appresa per cui si tende ad attribuire le cause degli eventi a noi stessi.

Il problema quindi non risiede nella situazione in sé ma nelle nostre incapacità, insomma siamo noi il problema.

Ciò che rende questa generalizzazione debilitante è il fatto che se siamo convinti di essere noi la causa come potremo mai trovare soluzione soddisfacente?

Riassumiamo il concetto con: “Non ho sbagliato… ma sono sbagliato.”

Di fronte a questa convinzione non ci rimane altro che alzare le mani in segno di resa, incapaci di reagire alle avversità della vita.

Se non è la situazione il problema ma siamo noi, non possiamo far altro che subirla.

“Purtroppo sono fatto così…”

Il nostro focus non è più centrato sulla soluzione ma piuttosto sull’accettazione supina.

Andrà a rafforzarsi in noi il convincimento di non essere all’altezza.

Ma se così è come potremo mai cambiare le cose?

 

7) Normalizzazione dell’evento

“Perché proprio a me?”

Questo è la tipica domanda che, prima o poi, a fronte di un evento negativo, ci siamo fatti tutti.

Domanda solo apparentemente innocua.

Innanzitutto non facciamola rientrare tra le domande intelligenti poiché a questa domanda decisamente sciocca non esiste risposta sensata.

Per intelligenti intendo quelle sane domande che ci portano a riflettere e a ragionare per obiettivi e scopi ben precisi.

Il nostro cervello però è strutturato e abituato a cercare e trovare risposte.

E lo fa sempre anche in background, mentre ci stiamo occupando di altro.

Hai presente quando, mentre stai facendo tutt’altro, arriva la classica illuminazione atta a risolvere quel problemino di qualche giorno prima?

Il nostro cervello non dorme mai, cerca sempre risposte alle domande perché altrimenti è come avere sottomano un puzzle e non riuscire a completarlo perché manca una tessera.

E tuttavia non sarà il cervello a decidere tra le varie opzioni, sarai tu.

Domanda: “Perché è successo proprio a me?”

Risposte:“Perché non mi merito niente. Perché nella mia vita niente va come dovrebbe andare. Perché sono uno sfigato. Perché non conto niente e non sono nessuno.”

Quante risposte di nessuna utilità!

Il punto è che la vita è fatta di alti e bassi e nessuno ha detto che debba essere automaticamente facile e tutta in discesa.

Impariamo a reagire alle avversità della vita, impariamo a normalizzare gli eventi negativi: capitano a tutti.

È anche grazie agli eventi difficili e a come siamo riusciti a superarli che siamo esattamente quello che siamo: Noi.

 

Se camminassimo solo nelle giornate di sole non raggiungeremmo mai la nostra destinazione. (Paulo Coelho) Click to Tweet

 

Quello su cui ci focalizziamo crea la “nostra realtà” e influisce in maniera decisiva su ciò che pensiamo e sulle nostre strategie comportamentali.

Te lo spiego cercando di strapparti anche un sorriso:

Sherlock Holmes e il dottor Watson si trovano in vacanza in un campeggio.

Dopo una buona cena e un’ottima bottiglia di vino, si ritirano in tenda e si addormentano profondamente.

Durante la notte Holmes si sveglia e scuote l’amico.

«Watson, guardate in alto nel cielo e ditemi cosa vedete!».

«Vedo milioni e milioni di stelle, Holmes».

«E cosa ne deducete?» chiede Holmes.

Watson riflette a lungo e poi replica: «Beh, da un punto di vista astronomico, questo mi fa pensare che ci sono nel cielo milioni di galassie e quindi, potenzialmente, miliardi di pianeti.

Da un punto di vista astrologico, vedo che Saturno è in Leone. Da un punto di vista orario, se guardo la Luna, ne deduco che sono circa le 3:15.

Da un punto di vista meteorologico, credo che domani avremo una bellissima giornata.

Da un punto di vista teologico, mi fa capire che Dio è Infinita Potenza e che noi siamo solo una piccolissima e insignificante parte dell’Universo.

Ma perché me lo chiedete? Cosa suggerisce a voi tutto questo?»

Holmes rimane un attimo in silenzio e poi esclama: «Watson, siete un idiota! Qualcuno ci ha rubato la tenda!»

 

Per concludere

Reagire alle avversità della vita non è facile ma se abbiamo l’accortezza di tenere a mente alcuni concetti fondamentali come quelli visti insieme scopriremo di avere molte frecce al nostro arco da poter sfruttare per rialzarsi e andare avanti.

Tutto ruota attorno a questo… e chissà che la nostra meta non sia solo un luogo ma piuttosto un nuovo modo di vedere le cose.

 

Firma Marco Little UYM

Articolo Le avversità della vita – immagini di pubblico dominio

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