Paura del giudizio degli altri
La Paura dei giudizio degli altri è uno dei principali ostacoli che incontriamo sul nostro cammino.
Può riguardare il nostro aspetto fisico, il nostro lavoro, il modo di vestire e in generale ogni nostra singola scelta.
Il timore di non essere accettati può infatti abbracciare ogni aspetto della nostra vita.
Partiamo però dal principio: “Perché tutti, chi più chi meno, hanno paura dei giudizio degli altri?”
Paura dei giudizi degli altri?
Il timore di essere malgiudicati nasce dal bisogno dell’essere umano di sentirsi accettati.
L’uomo infatti è un “animale sociale” e per sua natura sente il bisogno di aggregarsi, di appartenere a un gruppo.
Che succede però quando il giudizio manifestato nei nostri confronti non è positivo?
Ci sentiamo a disagio, feriti e, in base all’importanza che attribuiamo al giudizio dell’altra persona, andiamo a svalutare le nostre capacità, a rivedere al ribasso la nostra autostima.
Le opinioni degli altri nei nostri confronti vanno ad accumularsi nel corso degli anni formando un pesante fardello di giudizi che rappresenta ciò che NOI crediamo che il “mondo esterno” pensi di noi, vero o falso che sia.
Tutto questo interferisce forse con il nostro benessere, con la nostra vita?
Certo che SÌ.
Cosa c’è nel tuo “fardello”?
Il fardello non è altro che un grande contenitore pieno, stracarico dei giudizi accumulatisi nel corso degli anni.
Non solo sono tanti ma sono “di più” e non potendo avere la piena consapevolezza di ognuno di loro tendiamo ad economizzare, generalizzando il tutto in un unico grande giudizio.
Andiamo velocemente a somatizzare ciò che gli altri pensano di noi, della nostra capacità di prendere buone o pessime decisioni, della nostra abilità di “sapersi muovere nel mondo”.
Questi giudizi sono particolarmente pericolosi perché tendiamo a farli velocemente nostri.
Vale la pena di riflettere un attimo su quest’importante passaggio: il giudizio che gli altri hanno di noi inconsapevolmente lo abbiamo fatto nostro, e il nostro che fine ha fatto?
Il giudizio che gli altri hanno di noi inconsapevolmente lo abbiamo fatto nostro, e il nostro che fine ha fatto?
Paura dei giudizio degli altri? Fregatene!
Possiamo avere anche tutte le qualità di questo mondo ma incroceremo sempre qualcuno pronto a puntarci il dito contro o a guardarci con sospetto. Perché incroceremo sempre, prima o poi gente che dice di saper fare meglio il nostro lavoro, il lavoro degli altri…
“Hai visto quella com’è vestita?”
“Hai sentito cosa ha detto!”
“Hai notato come si è comportato? Io avrei fatto tutto in un altro modo.”
“Ha sbagliato, poteva gestire la cosa diversamente.”
…e la lista continua.
Sottopongo alla tua attenzione una breve favola che avevo già pubblicato tempo fa, essa spiega in maniera magistrale e pratica la paura dei giudizio degli altri.
Il contadino, il figlio e l’asino
Un vecchio faceva il cammino con il figlio giovinetto.
Il padre e il figlio avevano un unico piccolo asinello: a turno venivano portati dall’asino ed alleviavano la fatica del percorso. Mentre il padre veniva portato e il figlio procedeva con i suoi piedi, i passanti li schernivano: “Ecco,” dicevano “un vecchietto moribondo e inutile, mentre risparmia la sua salute, fa ammalare un bel giovinetto”.
Il vecchio saltò giù e fece salire al suo posto il figlio suo malgrado.
La folla dei viandanti borbottò: “Ecco, un giovinetto pigro e sanissimo, mentre indulge alla sua pigrizia, ammazza il padre decrepito”.
Egli, vinto dalla vergogna, costringe il padre a salire sull’asino. Così sono portati entrambi dall’unico quadrupede: il borbottio dei passanti e l’indignazione si accresce, perché un unico piccolo animale era montato da due persone.
Allora parimenti padre e figlio scendono e procedono a piedi con l’asinello libero.
Allora sì che si sente lo scherno e il riso di tutti: “Due asini, mentre risparmiano uno, non risparmiano se stessi”.
Allora il padre disse: “Vedi figlio: nulla è approvato da tutti; ora ritorneremo al nostro vecchio modo di comportarci”.
Il punto è che lungo la tua strada troverai sempre qualcuno pronto a giudicare negativamente te e le tue azioni.
Siamo 7 miliardi di persone al mondo e ognuno ragiona in maniera differente.
Non lasciarti confondere dal giudizio degli altri.
Lasciati alle spalle coloro che dispensano consigli non richiesti.
Ascolta invece coloro che stimi ma decidi sempre con la tua testa.
Fai ciò che “ritieni giusto” e se anche gli altri avranno tutte le argomentazioni per attaccarti tu avrai sempre la certezza che ciò che hai fatto era ciò che volevi fare.
Per non tornare sulle tue decisioni e per star bene con te stesso esiste una sola ricetta: dai il giusto peso al giudizio altrui ma, alla fine, pensa e decidi con la tua testa, in parole povere: Fregatene!
Non potrai mai fare contenti tutti perché in questo caso uno scontento ci sarà sempre: TU.
Paura dei giudizio degli altri? Peccato che siamo i primi a giudicare.
Siamo noi per primi a giudicare: dispensare giudizi è un comportamento profondamente radicato, nessuno ne è esente.
Lo facciamo, lo facciamo anche spesso e con disarmante superficialità.
A volte non ce ne rendiamo neppure conto: i nostri giudizi al pari delle nostre parole escono così velocemente da accorgercene solo in un secondo momento.
Sopportiamo di malavoglia e a volte subiamo i giudizi e tuttavia siamo i primi a farlo.
Buffo vero?
Perché lo facciamo?
Perché sentiamo il bisogno impellente di giudicare, di etichettare cose e persone.
Abbiamo un incontenibile bisogno di ordinare, di incasellare le persone, le cose, il mondo che ci circonda.
Ognuno deve andare a collocarsi nel “giusto scomparto”, il nostro.
Confessiamolo, ci piace proprio giudicare gli altri e ogni volta che lo facciamo ci sentiamo persino meglio, più sicuri di noi.
Il nostro giudizio, per quanto improvvisato, superficiale diventa in breve un assioma, una regola talmente evidente che non necessita neppure di essere messa in discussione.
È così, punto e basta.
Irrilevante è il fatto che il nostro punto di vista sia solamente nostro e come tale squisitamente parziale, non una verità assoluta, così come non lo è quello dell’altra persona che abbiamo di fronte.
Quante volte ti è capitato di esprimere un giudizio negativo su qualcuno solo dopo un superficiale scambio di parole?
Siamo molti bravi a farlo basandoci anche solamente sulla prima impressione.
Ci basta una sola occhiata per essere in grado di giudicare qualcuno.
Siamo proprio dei fenomeni allora?
Nulla di più sbagliato.
Eppure se dedicassimo un solo istante a riflettere ci renderemo conto che di quella persona non conosciamo assolutamente niente.
Non abbiamo mai condiviso alcunché, non conosciamo il suo passato e le sue esperienze, non conosciamo i suoi dolori e le sue ferite, non sappiamo niente dei suoi pensieri e dei suoi progetti, non abbiamo vissuto ciò che lui ha vissuto, ma questo poco importa.
È come se da quella chiacchierata di 10 minuti fossimo riusciti a carpire ogni sfumatura di quella persona, in poche sensazioni siamo in grado di riassumere e giudicare la vita intera di una persona che non abbiamo mai conosciuto prima.
Sembra che un veloce scambio di idee sia sufficiente per riuscire ad etichettare una persona, una vita.
Troppo superficiale, troppo riduttivo.
Tutto questo sarebbe quasi ironico, se in gioco non ci fosse la nostra vita e quella delle persone con le quali entriamo in contatto.
Basta qualche scambio di idee per ridurre la vita intera di una persona a una banale, superficiale e riduttiva etichetta.
Il giudizio degli altri e i 3 Setacci
Nell’antica Grecia Socrate aveva una grande reputazione di saggezza.
Un giorno venne qualcuno a trovare il grande filosofo e gli disse:
“Sai cosa ho appena sentito sul tuo amico?”
“Un momento” rispose Socrate “Prima che me lo racconti, vorrei farti un test, quello dei tre setacci.”
“I tre setacci?”
“Ma sì” continuò Socrate. “Prima di raccontare ogni cosa sugli altri, è bene prendere il tempo di filtrare ciò che si vorrebbe dire. Io lo chiamo il test dei tre setacci. Il primo setaccio è la verità. Hai verificato se quello che mi dirai è vero?”
“No… ne ho solo sentito parlare.”
“Molto bene. Quindi non sai se è la verità. Continuiamo col secondo setaccio, quello della bontà. Quello che vuoi dirmi sul mio amico è qualcosa di buono?”
“Ah no, al contrario!”
“Dunque” continuò Socrate “vuoi raccontarmi brutte cose su di lui e non sei nemmeno certo che siano vere. Forse puoi ancora passare il test, rimane il terzo setaccio, quello dell’utilità. È utile che io sappia cosa avrebbe fatto questo amico?”
“No davvero.”
“Allora” concluse Socrate “se ciò che volevi raccontarmi non è né vero, né buono, né utile perché volevi dirmelo? Preferisco non saperlo e consiglio a te di dimenticarlo.”
Così come non apprezzi coloro che si ergono a giudici allora non farlo neppure tu.
Prima di parlare male di qualcuno, di esprimere un giudizio o ascoltare maldicenze è opportuno soffermarsi un attimo a riflettere.
Chiediamoci se è “vero, buono e utile”.
Rimarrai sorpreso per quante volte riuscirai a tacitare quel giudizio superficiale, molto probabilmente errato, che stavi per proferire.
Per concludere
Dobbiamo cominciare a percorrere una strada diversa, una strada in cui il giudizio degli altri non offuschi più la nostra chiarezza di idee, di obiettivi, in cui il giudizio degli altri non diventi automaticamente il nostro.
Soffochiamo questo nostro bisogno di giudicare gli altri perché farlo non cambia in alcun modo né il valore di chi giudica né il valore di chi viene giudicato.
Credo che questa sia la strada migliore per cominciare davvero a essere liberi.
Articolo La paura dei giudizio degli altri – Immagini di pubblico dominio
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Ciao Marco, quest’ articolo mi è piaciuto molto, davvero complimenti! Ti confesso di non aver mai sentito parlare dei “3 setacci” e mi sembra un modo davvero produttivo per tenere a freno la lingua, in alcuni momenti. Ad esempio mi accorgo che, nei momenti morti di un discorso, il più delle volte sono solito tirare fuori qualcosa di qualcuno esterno alla conversazione. Anche se cerco di non farlo, è come se volessi riempire la conversazione, tanto per parlare. Ed infatti poi mi ritrovo a pensare “come ci siamo finiti in questo discorso?”
Ciao Giuseppe e grazie del tuo riscontro. Mi fa piacere che l’articolo ti sia piaciuto. Sono sicuro che nell’esempio che hai fatto ci siamo rivisti un po’ tutti. Ti auguro una bellissima giornata! A presto. Marco