Incomprensioni e ancora incomprensioni
Incomprensioni e ancora incomprensioni.
Incomprensioni con il partner, incomprensioni con i figli, con i genitori, con gli amici, con i professori, con i colleghi di lavoro e incomprensioni con coloro che incrociano la nostra vita anche solo per pochi minuti.
La vita sembra essere fatta di incomprensioni.
Quando parliamo con qualcuno può capitare di ritrovarsi in una situazione di “stallo” dove nessuno dei due riesce a fare un passo avanti.
“Proprio non riesco a capire come tu possa dire una cosa del genere.”
“Come puoi affermare questo? Ascolti veramente quello che ti dico oppure no?”
Quante volte ci troviamo a spiegare all’altra persona il nostro punto di vista senza riuscirci?
Capita, eccome se capita.
Non solo, a volte quello che doveva essere un sano confronto chiarificatore inizia a sfuggirci di mano e in men che non si dica i toni si fanno più accesi fino a trasformarsi in un vero e proprio litigio.
Si alzano muri e barricate ed ognuno prende posizione lungo la propria linea di difesa difendendo a spada tratta il proprio punto di vista.
Non c’è più alcuna volontà di spiegare e capire, ognuno vuole solamente imporre il proprio punto di vista con la “forza”.
E pensare che era iniziato tutto con i migliori propositi.
Ti è mai capitato di pensare qualcosa del tipo “Perché non mi capisce?”
Forse non hai mai riflettuto sul fatto che anche l’altra persona magari pensa esattamente lo stesso di te.
Sarebbe una situazione persino comica se… non ci fosse di mezzo il nostro benessere.
Incomprensioni: come superarle
C’è una storiella che spiega in maniera decisamente chiara ed efficace come si formano le incomprensioni.
I sei ciechi e l’elefante
C’erano una volta sei saggi che vivevano insieme in una piccola città.
I sei saggi erano ciechi.
Un giorno fu condotto in città un elefante.
I sei saggi volevano conoscerlo, ma come avrebbero potuto essendo ciechi?
“Io lo so”, disse il primo saggio , “lo toccheremo.”
“Ottima idea”, dissero gli altri , “in questo modo possiamo capire com’è fatto un elefante.”
I sei saggi andarono così dall’animale.
Il primo saggio si avvicinò all’elefante gli toccò l’orecchio grande e piatto.
Lo sentì muoversi lentamente avanti e indietro, producendo una bella arietta fresca e disse: “L’elefante è come un grande ventaglio”.
Il secondo saggio invece toccò la gamba: “Ti sbagli. L’elefante è come un albero”, affermò.
“Siete entrambi in errore”, aggiunse il terzo. “L’elefante è simile a una corda” mentre gli toccava la coda.
Subito dopo il quarto saggio toccò con la mano la punta aguzza della zanna. “Niente affatto, l’elefante è come una lancia”, esclamò.
“Assolutamente no” disse il quinto saggio “che sciocchezza è mai questa! L’elefante è simile ad un’alta muraglia”, mentre toccava il fianco dell’animale.
Il sesto nel frattempo aveva afferrato la proboscide. “Avete torto tutti”, disse, “l’elefante è come un serpente!”
“Ma cosa dici? È come una fune”.
“No, come un ventaglio”.
“Assolutamente no. È come un serpente!”
“Io non capisco proprio come fate a dire queste cose. È ovvio che assomiglia a una muraglia!”
“Avete tutti torto!”
“No, ho ragione io!”
I toni si accesero e i sei ciechi per un’ora continuarono a urlare l’uno contro l’altro senza riuscire a scoprire come fosse fatto un elefante.
Ognuno aveva evidentemente ragione, ma… dal proprio punto di vista.
Questa storiella ci è molto utile a capire che io, tu, ognuno di noi vive una realtà soggettiva. La propria realtà.
Incomprensioni e la nostra realtà soggettiva
Se rifletti sul racconto possiamo capire che le persone non agiscono direttamente nella realtà, ma all’interno di un proprio modello che si è formato nel corso degli anni.
Questo modello è il risultato infatti della sommatoria delle nostre esperienze e attraverso i sensi andiamo a filtrare la realtà oggettiva trasformandola in soggettiva, in quella che diventa poi la nostra realtà.
Una realtà decisamente personale che però scambiamo per realtà oggettiva: “Cosa vuoi che ti dica, è palese che sia così. Non può essere diversamente.”
Possono esistere davvero persone che raccontano fesserie?
Ovviamente no o per lo meno nella maggior parte dei casi è così.
Tutto è da ricondurre al fatto che il loro punto di vista si differenzia dal tuo perché, proprio come ogni saggio si fa un’idea dell’elefante partendo da una diversa parte del corpo dell’animale, così i tuoi interlocutori possono percepire la realtà attraverso schemi mentali frutto di esperienze diverse dalle tue.
Quindi ciò che afferma il tuo interlocutore, se pur dal suo punto di vista, è probabilmente corretto.
Se però non maturiamo questa consapevolezza sarà difficile ridurre le incomprensioni a normale dialettica.
Non solo, è probabile che quelle parole di chiarimento generino scontri e questi a loro volta finiscano per diventare veri e proprio conflitti.
Incomprensioni e la prima impressione
“Guarda quello.”
Ti è mai capitato anche solo di pensare una frase del genere?
Sottolineando in maniera negativa il comportamento di qualcun altro?
Quante volte ti è capitato di esprimere un giudizio negativo su qualcuno solo dopo un superficiale scambio di parole?
Siamo molto bravi a farlo basandoci anche solamente sulla prima impressione.
A volte ci basta una sola occhiata per essere in grado di giudicare qualcuno. “Io ho già capito quello che tipo è.”
Siamo proprio dei fenomeni allora? Niente di più sbagliato.
Dispensiamo giudizi su tutto e tutti.
È un comportamento profondamente radicato, nessuno ne è esente.
Lo facciamo spesso e con disarmante superficialità.
A volte non ce ne rendiamo neppure conto: i nostri giudizi al pari delle nostre parole escono così velocemente da accorgercene solo in un secondo momento.
Sopportiamo di malavoglia e subiamo i giudizi e tuttavia siamo i primi a farlo. Buffo vero?
Perché lo facciamo?
Perché sentiamo il bisogno impellente di giudicare, di etichettare cose e persone.
Abbiamo un incontenibile bisogno di ordinare, di incasellare le cose, le persone, in una parola il mondo che ci circonda.
Ognuno deve andare a collocarsi nel “giusto scomparto”, che ovviamente è solo uno: il nostro.
Come vedi siamo sempre al solito punto di partenza.
Tutto deve essere in linea con quello che pensiamo, con la realtà così come la filtriamo.
Confessiamolo, ci piace proprio giudicare gli altri e ogni volta che lo facciamo ci sentiamo persino meglio, più sicuri di noi.
Il nostro giudizio, per quanto improvvisato, superficiale diventa in breve un assioma, una regola talmente evidente che non necessita neppure di essere messa in discussione.
È così, punto e basta.
Irrilevante è il fatto che il nostro punto di vista sia solamente nostro e come tale squisitamente parziale, non una verità assoluta, così come non lo è quello dell’altra persona che abbiamo di fronte.
Con queste premesse come pensate sia possibile comprendere qualcuno e/o di fare capire il nostro punto di vista?
Assai improbabile.
Il punto è che abbiamo la certezza che noi e solo noi siamo “nella giusta direzione” e tutti gli altri stanno clamorosamente sbagliando.
Incomprensioni: la mappa non è il territorio
Alfred Korzybski (1879 – 1950) è stato un filosofo, ingegnere e matematico polacco.
La sua opera dal titolo “Science and Sanity: An Introduction to Non-Aristotelian Systems and General Semantics” fu pubblicata nel 1933 e da allora nonostante i decenni trascorsi è ancor oggi considerata un’opera di rilievo.
Korzybski sosteneva che la conoscenza umana del mondo è limitata dal sistema nervoso e dalla struttura del linguaggio.
Significa che le persone non possono avere accesso diretto alla realtà, ma hanno modo di accedere a percezioni e credenze che la società umana ha con il tempo scambiato per conoscenza diretta della realtà.
L’uomo vede quindi ciò che nel corso della propria esistenza ha costruito attraverso l’esperienza.
Queste informazioni vengono registrate nella propria mappa mentale e vengono utilizzate per interpretare e comprendere la realtà che ci circonda.
Egli ripeteva spesso la frase “La mappa non è il territorio”.
Con questa frase il filosofo cercava di spiegare come, attraverso i nostri sensi, riusciamo a concepire la realtà solo in maniera soggettiva, parziale, la realtà oggettiva viene filtrata dalle nostre esperienze, generalizzazioni, distorsioni e cancellazioni.
Un conto è la realtà, un conto è la percezione che ne abbiamo di essa.
Egli ribadiva che fintanto non ci sarà la consapevolezza di questo, fino a che le persone non riusciranno ad ampliare le proprie mappe mentali senza confonderle con i territori, i loro comportamenti e le loro scelte resteranno limitate.
Come potrà mai avere successo una persona che agisce in maniera limitata?
L’uomo purtroppo si fa guidare da credenze, generalizzazioni, stereotipi e luoghi comuni che ha scambiato per realtà oggettiva.
Proprio per questo motivo li ha elevati erroneamente come fossero sagge ed oggettive guide.
Come fossero una sorta di stella polare che potrà condurli, senza smarrimenti, tentennamenti attraverso il lungo cammino che è la vita.
Incomprensioni e il singolare esperimento del Prof. Korzybski
Il Prof. Korzybski durante una lezione sottopose i suoi studenti a un curioso esperimento senza che loro ne sapessero niente.
Mentre stava spiegando il Professore si soffermò un attimo per prendere dalla sua borsa un sacchetto di biscotti avvolti da un foglio bianco.
Si scusò con gli allievi per l’interruzione alla lezione, ma aveva bisogno di mangiare qualcosa.
Quando estrasse il biscotto non poté fare a meno di offrirne alcuni agli studenti delle prime file.
“Buoni questi biscotti, cosa ne dite?”.
Alcuni studenti li accettarono volentieri.
Ad un certo punto, mentre alcuni studenti mangiavano di buon grado i biscotti offerti, il Professore tolse il foglio bianco che copriva la confezione originale.
Un silenzio improvviso assorbì ogni rumore dell’aula.
Tutti, in quel momento, realizzarono che si trattava di biscotti per cani.
Gli studenti restarono senza parole per lo sbigottimento.
Due di loro corsero nauseati in bagno a sputare.
“Vedete signori e signore?” commentò il Professore.
“Ho appena dimostrato che le persone non mangiano solamente il cibo, ma anche le parole, e che il sapore del primo è spesso influenzato dal sapore delle seconde.”
L’obiettivo del Professore era stato raggiunto: aveva dimostrato come alcune sofferenze nella vita delle persone fossero da ricondurre alla confusione che si genera tra la rappresentazione linguistica della realtà e la realtà stessa.
La frase “La mappa non è il territorio” è ancora oggi uno dei principi più importanti della comunicazione ed averne consapevolezza è il primo passo per ridurre le incomprensioni e conflitti con le persone che fanno parte della nostra vita.
Se cominciamo ad avere consapevolezza di ciò, faremo più attenzione a non trarre facili giudizi su altri e su ciò che dicono.
Devi abituarti a cercare di capire il loro punto di vista, ad essere più aperto.
Questo atteggiamento è alla base di una comunicazione efficace.
Ogni volta che ti trovi in situazioni d’incomprensione e conflitti pensa che si tratta solamente di punti di vista differenti, entrambi probabilmente validi.
Questo non significa assorbire tutto indiscriminatamente, tutt’altro.
Vuol dire confrontarsi senza paraocchi e partendo dal presupposto che è utile capire il punto di vista dell’altra persona anche se è diametralmente opposto al nostro.
Incomprensioni: uscirne fuori con 2 semplici azioni
1) Senso di Responsabilità
Dobbiamo essere responsabili di quello che comunichiamo.
Troppo spesso aspettiamo che sia l’altro a fare un passo avanti per capire quello che stiamo dicendo, per ascoltare sinceramente il nostro punto di vista.
E se fosse invece nostra responsabilità fare in modo che l’interlocutore capisca quello che pensiamo?
Questo non capita quasi mai.
Aspettiamo che sia l’altro a sforzarsi di capire ciò che stiamo dicendo, ad accettare il nostro punto di vista.
Se l’altro non capisce non è lui di “coccio”, ma sei tu che ti sei spiegato male.
Voglio dire che dobbiamo porre massima attenzione a trasformare i nostri pensieri, concetti ed immagini in linguaggio accessibile, adattandolo a chi ci sta ascoltando.
2) La mappa non è il territorio
Adesso questo punto dovrebbe essere ben chiaro.
Non devi fare lo sbaglio di dare per scontato che i tuoi schemi mentali, le informazioni in tuo possesso, siano identici a quelli dell’altra persona.
Non diamo per scontato che l’altra persona abbia sviluppato i nostri stessi schemi di pensiero, abbiamo vissuto le nostre stesse identiche esperienze, abbia preso le nostre stesse decisioni e che tutto questo abbia plasmato questa persona in modo fa farla sembrare un… nostro clone.
Possibile?
E se il tuo interlocutore non avesse mai sentito parlare dell’argomento in questione?
Se ne avesse sentito parlare in maniera confusa e frammentaria da altri?
Se avesse tratto conclusioni differenti provenienti da altri punti di vista?
Se la sua esperienza in merito lo portasse a dire “Nero” anziché “Bianco”?
Ecc.
Il punto è che la sua mappa è diversa dalla tua.
Potrebbe aver avuto esperienze di vita diverse e quindi il suo punto di vista essere per ovvie ragioni differente dal tuo.
Aiutalo a capire il tuo punto di vista.
In queste situazioni di stallo prova a porti qualche domanda:
“Da quale prospettiva il tuo interlocutore sta osservando l’argomento trattato?”
“Quali aspetti dell’argomento trattato dal tuo interlocutore non ti sono chiari? E se non sono chiari come potresti mai valutarli esprimendo il tuo giudizio in merito?”
“È possibile che entrambi i punti di vista, pur essendo differenti, siano comunque validi?”
Per concludere
Quante volte ti capita di avere la sensazione di non essere capito e di ritrovarti in situazioni cariche d’incomprensioni?
Quando questo accade quale comportamento adotti?
Articolo Incomprensioni come superarle – Immagine tratte da Pixabay
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