Rimandare a domani: l’arte del procrastinare
Rimandare a domani è una scelta fin troppo spesso attuata, un modo di non affrontare i problemi, con l’aggravante che con il passare del tempo si trasforma in una vera e propria abitudine.
Diventiamo così abili a rimandare a domani che riusciamo a trasformare quest’atteggiamento in una vera e propria “forma d’arte”.
Dico questo perché spesso, anziché affrontare il problema, facciamo degli incredibili salti carpiati, ingegnandoci per trovare il modo di rimandare la questione da risolvere.
Facciamo di tutto per tenere a debita distanza quella preoccupazione, per far finta che il problema non esista e che potremmo affrontarlo un’altra volta.
Come vedi si tratta di una vera e propria arte che richiede non poche abilità per riuscire a procrastinare, a rimandare a domani… un domani che, in quanto tale, non arriverà mai.
Rimandare a domani: l’arte del procrastinare
Il termine Procrastinare deriva dall’unione delle parole latine “pro”= avanti e “cras” = domani.
Conosciamo tutti molto bene il suo significato.
Alzi la mano infatti chi non si è mai trovato a rimandare un’azione con il solo scopo di spostare nel tempo la gestione del problema?
Siete in molti ad aver alzato la mano e la alzo pure io.
Il rimandare a domani significa procrastinare consapevolmente una certa azione pur sapendo che non è la scelta migliore.
1) Rimandare a domani: meglio non decidere?
Il principale errore nel quale incorriamo è l’errata convinzione che non prendere una decisione permetta di salvaguardarci.
“Come posso sbagliare se non prendo alcuna decisione?”
“Se non decido cosa fare come potrei mai sbagliare?”
Ci convinciamo che se non decidiamo non ci esponiamo e così facendo possiamo prendere tempo per poi scegliere con calma… molta calma.
Eppure il “non decidere” è comunque una decisione.
Avevi mai riflettuto su quest’aspetto?
Abbiamo deciso consapevolmente di non decidere.
È come se inconsciamente credessimo che il problema venga in qualche modo “congelato” in attesa dei nostri comodi e della nostra decisione.
Ma così non è, il problema continua ad esistere e ad apportare modifiche che tenderanno ad ingigantirlo e ad alterare la realtà che ci circonda.
Nonostante questo volgiamo spesso lo sguardo in altra direzione rispetto al problema: “Adesso non ci voglio neppure pensare.”
Se il non scegliere è comunque una decisione come potrebbe allora rivelarsi una buona scelta?
2) Rimandare a domani: le cose Importanti diventano anche Urgenti
Ahimè, abbiamo visto come sia semplice e a portata di mano ritrovare un poco di serenità: pensiamo ad altro e tutti i problemi sembrano sparire.
Semplice e funzionale.
Peccato che sottovalutiamo ciò che potrebbe accadere
Vediamolo insieme.
La gestione del problema che abbiamo rimandato tornerà a fare capolino con l’aggravante che prima era solo importante adesso è anche urgente.
In quanto tale non possiamo più permetterci di voltare lo sguardo altrove.
Dobbiamo affrontarlo perché non abbiamo più tempo per ritardarne la gestione.
In queste situazioni si fa sempre più forte il senso di colpa per non dire di vergogna per il nostro discutibile comportamento.
Pur sapendo che la cosa migliore era gestire il problema abbiamo preferito non pensarci.
Ecco che ci ritroviamo all’angolo del ring e non puoi fare altro che fronteggiare “l’avversario”.
“Perché non l’ho gestito prima?”
“Pensavo forse che si sarebbe risolto tutto da sè?”
Ecco alcuni pensieri che cominciano a farsi spazio.
E pensare che la nostra scelta di non decidere era stata attuata proprio per trovare un po’ di serenità; l’esatto opposto di come ci sentiamo adesso.
3) Rimandare a domani e il circolo vizioso dell’abitudine
In teoria sarebbe assai facile risolvere l’incapacità di prendere decisioni.
Affronti te stesso allo specchio e dici: “Marco, rimandare a domani è sbagliato, molto sbagliato. La cosa giusta e migliore da fare è decidere adesso.”
Funziona?
Raramente, spesso rispondiamo con un immediato “MaChissenefrega” e volgiamo la nostra attenzione ad altro.
E senza accorgercene, dopo una serie di “Chissenefrega” trasformiamo il rimandare da atteggiamento altalenante ad abitudine.
È stato scientificamente provato che quando si crea un’abitudine la nostra mente non partecipa più al processo decisionale.
Trattandosi di una consuetudine è il pilota automatico che ci guida.
Mente e corpo sanno già perfettamente cosa, come e quando farlo.
Ogni volta che ci troveremo ad affrontare un problema con grande “abilità”, ogni nostra azione e reazione avverranno in maniera incredibilmente naturale e fluida.
Verrebbe da chiedersi come sia possibile che il nostro cervello non si accorga di questa pericolosissima abitudine.
Devi sapere che ogni volta che il nostro cervello entra in modalità automatica (abitudine) la nostra attività cerebrale diminuisce in maniera drastica e si lavora in modalità “Risparmio Energetico”.
Il nostro cervello con grande soddisfazione ci ha consentito di essere particolarmente “Efficaci” utilizzando al minimo le nostre risorse.
In effetti la parola “Efficaci” potrebbe stonare dal contesto visto che stiamo parlando di una cattiva abitudine ma il punto è che questo meccanismo super efficiente non fa alcuna differenza tra buone e cattive abitudini.
Come avrai capito adesso la situazione è ancora più complessa perché significa che stiamo perdendo il controllo.
Si crea un pericolosissimo circolo vizioso:
(Il Segnale) “Dovrei farlo ma gestire questa situazione mi crea paura e ansia…” -> (La Routine) “Meglio rimandare. Ci penserò un’altra volta. ” -> (La Gratificazione) “Adesso sto meglio.”
E si riparte.
Come vedi abbiamo 3 importanti elementi: Segnale, Routine e Gratificazione.
Rimandare a domani – Il Segnale
Lo possiamo considerare come la “miccia” che dà il via a tutto il processo.
Immaginalo come una sorta d’innesco che informa il cervello di entrare in modalità automatica su quella specifica abitudine.
E sai cosa succede adesso?
Si perde consapevolezza di ciò che sta succedendo.
Nel caso di procrastinare la miccia, il segnale, è quasi sempre collegato ad uno stato emotivo negativo che ci porta automaticamente allo step successivo.
Rimandare a domani – La Routine
Ecco quell’automatismo comportamentale che si innesca ogni volta che parte il Segnale.
Se nel precedente step, quello del segnale, abbiamo visto che viene coinvolta la sfera emotiva con emozioni quali ansia, paura, noia o tristezza, nella routine mentale invece andiamo a coinvolgere i pensieri.
A quel dato segnale partono automaticamente uno o più pensieri concatenati, molto difficili da interrompere.
Pensiero 1 -> Pensiero 2 -> Pensiero 3-> Pensiero … -> Pensiero N
Tutte queste routine possono essere molto semplici oppure incredibilmente complesse e più lo sono più è difficile contrastarle.
Rimandare a domani – La Gratificazione
Ed eccoci arrivati alla meritata gratificazione.
È la sensazione di benessere che proviamo nell’immediato e sarà proprio questa piacevole sensazione a suggerire al cervello di memorizzare l’abitudine.
Questo rappresenta l’appagamento emotivo.
Con il passare del tempo si crea un forte interconnessione tra i 3 elementi sopra esposti che rendono l’abitudine sempre più incisiva inducendo nella persona un crescente senso del bisogno.
E più ci facciamo trasportare da quest’abitudine e più riuscirà a prevalere sulla nostra forza di volontà.
Si forma un vero e proprio circolo vizioso dal quale diventa sempre più difficile uscirne.
Tutto questo, come abbiamo visto, succede perché ogni volta che rimandiamo forniamo un sollievo immediato che sembra allontanare momentaneamente ogni problema.
Ho detto sembra allontanare, perché il problema sempre lì è.
È proprio di fianco a te a farti compagnia mentre tu continui a far finta di non vederlo volgendo lo sguardo altrove, godendoti quella fugace sensazione di benessere
4) Rimandare a domani e la gestione degli stati d’animo
Capita sovente che attendiamo di essere dell’umore giusto per gestire quella specifica situazione.
Non è che si tratta di un alibi per rimandare a domani ancore una volta?
Il non decidere ci permette di allontanare le emozioni negative perché non ci facciamo carico di alcuna scelta.
Succede che lo rimanderemo, giorno dopo giorno, per mesi o anni fino a che la paura delle conseguenze sarà maggiore dell’ansia di farsene carico.
Vogliamo davvero arrivare a questo?
Vogliamo realmente attendere che il dolore raggiunga livelli tali da obbligarci a correre ai ripari?
Se così è abbiamo abdicato, non siamo più noi i responsabili della nostra vita ma è il mondo esterno che ci manovra come pupazzi.
Il Rimandare a domani è un comportamento che possiamo riassumere in: “Affrontare quel problema mi crea disagio. Non ci penso, faccio altro e mi sento già meglio”.
È comprensibile ma non ragionevole, quanto potrà mai essere utile un comportamento che ci fa solamente spostare nel tempo la soluzione del problema?
È un comportamento con il quale cerchiamo di sfuggire alle nostre responsabilità accantonando i problemi per dedicarci nell’immediato ad altro, come attività meno stressanti o più piacevoli.
Così facendo evitiamo di dover affrontare le preoccupazioni e le emozioni negative che derivano dal prendere delle decisioni.
Le principali emozioni dalle quali cerchiamo di fuggire sono due: ansia e paura.
Sono proprio queste due emozioni negative che ci portano a distogliere il pensiero da ciò che dovremmo fare a favore di un’ingannevole sensazione d’immediato sollievo.
5) Rimandare a domani e il nostro “Io del futuro”
In un articolo del 2016 mentre scrivevo sul Procrastinare mi misi a riflettere su un ipotetico incontro tra me ed il mio “Io del futuro”.
Immaginati che tipo d’incontro potrebbe svilupparsi se ti fosse possibile parlare con il tuo “Io del futuro”.
Te lo voglio riproporre perché lo trovo molto utile per aumentare la nostra consapevolezza su cosa significhi rimandare a domani.
Il punto è che non ci rendiamo conto del danno che facciamo al nostro benessere nel medio e lungo periodo. Non è altro che una forma di cecità che c’impedisce di dare il giusto valore al nostro “Io” del futuro. Non siamo realmente consapevoli dei benefici e dei danni con i quali avremo a che fare nel futuro per decisioni prese e/o non prese nel presente.
Immaginati di poter incontrare il tuo “Io del futuro” e che tu possa parlarci per qualche minuto.
Io del presente: “Come stai? Come vanno le cose?”
Io del futuro: “Quanto tempo puoi dedicarmi? Te lo chiedo perché ho una lunga lista di cose di cui parlare. Una lunga lista di azioni che hai consapevolmente rimandato pur sapendo che era la cosa peggiore da fare. Mi spieghi il motivo di questo comportamento? Ti sei comportato da egoista! Non hai pensato a me e a tutti i casini in cui mi avresti messo? Alcuni problemi li hai sì risolti ma solo quando non potevi fare diversamente, quando avevi le spalle al muro e questo ti ha portato a sistemarli nel peggiore dei modi, mettendo delle toppe. Altri grattacapi sono invece ancora lì, messi da parte, che attendono che tu dia loro udienza. Ho la vaga sensazione che me li ritroverò in dote, da dove gestire “ con urgenza “ come al solito! Detto questo, sei proprio sicuro di voler sapere come sto?”
Per concludere
Distogliere il pensiero da un problema è un’azione semplice ed efficace (solo) nell’immediato, ecco il motivo per cui è così facile cadere in questa trappola.
Come abbiamo visto sono molti i motivi che ci portano a rimandare.
Ma noi non abbiamo nessuna intenzione di finire in trappola.
Dobbiamo essere consapevoli che siamo responsabili di ogni nostra singola decisione comprese quelle che non prendiamo.
Non commettiamo l’errore di prenderci tutto il tempo per passare all’azione perché poi il tempo si prenderà tutto.
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