Resistere nonostante le avversità
Resistere nonostante le avversità sta ad indicare un approccio ben preciso a fronte delle difficoltà.
Significa “raddrizzare” la propria vita in seguito alle difficoltà, ritrovare il proprio equilibrio a fronte di eventi negativi o peggio ancora perfino traumatici.
Questo concetto è espresso perfettamente dal termine Resilienza.
La parola Resilienza nasce in campo metallurgico e indica la capacità di un metallo a resistere alle forze che vi vengono applicate.
Si tratta quindi di un termine che si contrappone al significato di fragilità.
Spostandoci in ambito psicologico il significato rimane inalterato: la capacità di resistere alle avversità.
L’etimologia della parola Resilienza deriva dal latino “resalio” che significa saltare, rimbalzare.
Si tende a collegare questo termine all’azione di risalire su di una barca rovesciata dalle onde del mare.
Quest’ultima immagine spiega più di mille parole il significato di Resilienza: “riprendere il controllo e andare avanti senza arrendersi alle difficoltà.”
Resistere nonostante le avversità
Affascinato dalla capacità delle persone di resistere nonostante le difficoltà ho voluto approfondire l’argomento leggendo il libro di Pietro Trabucchi – Resisto dunque sono.
“Dietro la vittoria di un giorno c’è quasi sempre una storia cominciata anni prima. Una storia che parla di avversità. Di difficoltà superate quotidianamente per rincorrere un sogno che si è fatto da piccoli” (Cristian Zorzi)
Resistere nonostante le avversità: Pietro Trabucchi
Chi è Pietro Trabucchi?
Pietro Trabucchi è uno psicologo che da molti anni si occupa di preparazione sportiva e in particolare delle discipline legate alla resistenza.
È autore di numerosi libri, professore, formatore e grande atleta.
Un atleta che che ha una profonda conoscenza di cosa significhi resistere nonostante le difficoltà!
Ha partecipato varie volte alla “Rock and Ice Ultra” una corsa di 250km a -40° nell’artico canadese.
Ha corso 4 volte la “Yukon Arctic Ultra” una delle gare più estreme al mondo che si sviluppa per 100, 300 o 430 miglia e dove le temperature possono raggiungere i -50°.
Ha partecipato numerose volte alla “Tor des Geants”, una gara di trail ultra xlong che si svolge in Valle d’Aosta.
Il tracciato è un anello che di circa 330 km con un dislivello totale positivo di 24.000 metri.
Ha corso per 4 volte la “PTL (Petite trotte à Léon)” una gara d’ultra endurance pedestre dove i concorrenti percorrono 290 km circa e 26.000 metri di dislivello positivo sul Monte Bianco.
La particolarità di questa gara è data dal fatto che il percorso di snoda al di fuori dei sentieri battuti.
Aggiungiamo anche che nel 2005 ha scalato l’Everest.
Ti ho voluto riportare alcune informazioni su Pietro Trabucchi per darti un’idea di questo atleta e di quanto la sua vita sia sempre stata legata al concetto di Resilienza.
“Resilienza: L’arte di risalire sulla barca rovesciata. Quando la vita rovescia la nostra barca, alcuni affogano, altri lottano strenuamente per risalirvi sopra e senza perdere mai la speranza continuano a lottare contro le avversità.” (Pietro Trabucchi)
Resistere nonostante le difficoltà: Resisto dunque sono
Ho comprato questo libro un paio di anni fa ma ho sempre rimandato la lettura. Motivo?
Avevo la sensazione che il target fosse quello degli sportivi, di coloro che affrontano gare estreme di resistenza. Sbagliavo, niente di tutto ciò.
Attraverso questo libro Pietro Trabucchi ci mette in contatto con le suggestive storie di grandi campioni rivelandoci efficaci tecniche e metodologie per portare nella vita di tutti i giorni la capacità di affrontare le avversità.
Il mio consiglio quindi è di leggerlo, indipendentemente che tu sia uno sportivo o meno.
“Tutti abbiamo delle motivazioni. La differenza tra gli individui sta nella loro capacità di farle durare a lungo nonostante ostacoli, difficoltà e problemi. La capacità di perseverare, di far durare a lungo la motivazione viene detta resilienza.” (Pietro Trabucchi)
Quanto stress ci provoca un ostacolo?
Il libro inizia affrontando alcune domande davvero interessanti la cui risposta è insolita ma non meno affascinante.
“Quanto stress ci provoca un ostacolo o un imprevisto?”
“Come reagiamo alle difficoltà?”
Perché ho scritto che la risposta è affascinante? Perché quella che possiamo definire come “sensibilità allo stress” è in gran parte prodotta da noi stessi. Si tratta sicuramente di un modo insolito di vedere i problemi.
Eppure è proprio così: questa “sensibilità allo stress” è strettamente legata a due aspetti:
- come noi interpretiamo gli eventi;
- quanto ci sentiamo capaci di affrontarli.
Si tratta di due condizioni che niente hanno a che fare con il mondo esterno ma che invece dipendono esclusivamente da noi.
In psicologia si usa il termine Valutazione Cognitiva o Interpretazione Cognitiva.
Per quanto ognuno di noi si muova in una realtà oggettiva, rappresentata dal mondo che ci circonda, viviamo nella nostra interpretazione di esso.
Tutto ciò che ci circonda viene infatti filtrato dai nostri sensi ed elaborato dal nostro cervello.
In questo processo entrano in gioco numerosi fattori, in primis l’esperienza, che ci fa interpretare quell’evento in un modo piuttosto che in un altro.
Ecco il motivo per cui di fronte ad uno stesso problema ognuno reagisce spesso in modo assai diverso.
Valutazioni cognitive e comportamenti inadeguati
È una nostra soggettiva interpretazione del mondo pertanto ha conseguenze concrete sulla qualità della nostra vita.
Se ad esempio considero quello specifico problema come controllabile o in qualche modo gestibile la mia reazione emotiva sarà contenuta e le mie risposte a questo tipo di stress saranno moderate.
Diversamente, se considero quel problema scarsamente gestibile, le mie emozioni e le mie reazioni allo stress saranno esattamente in linea con questa mia valutazione.
Come vedi è la nostra valutazione cognitiva a suggerirci interpretazioni che vanno proprio ad alimentare stati d’animo negativi e stress che a loro volta ci portano ad avere comportamenti inadeguati per fronteggiare il problema.
Resistere nonostante le avversità e la tolleranza alla frustrazione
La tolleranza alla frustrazione è un aspetto strettamente legato alla resilienza.
Ogni giorno i media promuovono modelli di personaggi quasi irreali, lontani dalla realtà: sempre giovani, sempre belli, ricchissimi, affascinanti, talentuosi, famosi, brillanti e di successo.
Questo bombardamento continuo produce delle aspettative decisamente poco realistiche nelle persone.
Saremmo mai capaci di soddisfare tutte queste caratteristiche?
Improbabile, non credi?
Mentre vengono promossi questi modelli di vita che poggiano sul concetto del “alla portata di tutti e di facile accesso” spesso i ragazzi e le ragazze tendono a crescere troppo protetti dalle difficoltà e dagli insuccessi della vita.
I nostri genitori si muovo spesso in anticipo al fine di evitarci ogni tipo di frustrazione.
L’intento dei genitori (mi ci metto pure io) è di aiutarci, il risultato che ottengono è l’esatto opposto perché così facendo non saremo mai in grado di sviluppare alcuna capacità ad affrontare i problemi e gli insuccessi della vita.
Il concetto è che “sbucciarsi le ginocchia è fondamentale per migliorare la nostra capacità di rialzarsi e andare avanti.”
Da una parte quindi abbiamo il mondo irreale promosso dai media che urla a gran voce che “puoi raggiungere la Luna” e dall’altra giovani troppo protetti.
Può forse sortire qualcosa di buono questa contrapposizione? Improbabile.
Si generano così grandi delusioni rispetto alle aspettative e non essendo in grado di gestire le conseguenti frustrazioni si possono verificare delle alterazioni rilevanti nel benessere di queste persone.
Tanto più sarà la frustrazione percepita tanto maggiori saranno le alterazioni negative nei nostri comportamenti.
Tenderanno ad emergere il cinismo, la rabbia e l’aggressività, comportamenti che, ahimè, possiamo riscontriamo ogni giorno.
Resistere nonostante le difficoltà e la tolleranza fisica
Questi comportamenti portano con sé lo sviluppo di un atteggiamento centrato solo e soltanto su noi stessi escludendo tutto il resto.
Quest’attenzione coinvolge sia la nostra mente che il nostro corpo.
Ecco che i piccoli malesseri che un tempo venivano accettati, oggi sono prontamente messi a tacere con le mille soluzioni che le aziende farmaceutiche promuovono e mettono sul mercato.
La prossima volta che entri in farmacia t’invito a dare un’occhiata con attenzione agli scaffali e capirai bene di cosa parlo.
Che sia una sbucciatura al ginocchio, un dolore alla mano, un mal di denti o un raffreddore c’è sempre la “pasticca giusta” per eliminare queste sensazioni.
Giusto qualche dato per aiutare a capire di cosa stiamo parlando.
In Italia dal 2000 ad oggi il consumo di farmaci è aumentato del 60%.
Il 20% degli italiani assume farmaci senza fare richiesta al medico e la percentuale sale al 40% nella fascia di età compresa tra i 25 e i 34 anni.
“Nella nostra società lo stato di salute viene a coincidere con il silenzio del corpo: nel senso di assenza di qualsiasi sintomo, ma anche di qualsiasi comunicazione e percezione di disagio seppure minima.” (Alberto Melucci – sociologo)
Ecco che l’abitudine a ragionare secondo il concetto “C’è una pillola per tutto” diventa un modo di affrontare la vita a 360°, dove ogni intoppo, quale che sia, diventa un inconveniente da “correggere”.
Il farmaco consente così di mettere a tacere i più comuni stati dell’umore: ansia, tristezza, preoccupazione, demotivazione.
Tutto è delegato al farmaco e così facendo noi lasciamo cadere a terra le redini della nostra vita.
L’aspetto rilevante su cui riflettere è che l’idea che sia possibile convivere e andare avanti comunque in presenza di uno stato d’animo negativo è semplicemente impensabile.
Perché leggere “Resisto dunque sono”?
“Resisto dunque sono” è un libro decisamente interessante, utile e pratico.
Se vuoi davvero capire cosa sia realmente la resilienza e come sia possibile allenare questa capacità a resistere nonostante le avversità devi assolutamente immergerti in questo libro.
Voglio lasciarti a riflettere su una significativa frase di Hemingway:
Il mondo ci spezza tutti quanti, ma solo alcuni diventano più forti là dove sono stati spezzati.
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